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Messaggio Da luksenior Lun Apr 27, 2015 4:12 pm

Approfittando del pomeriggio piovoso inauguro questo topic riguardando la monticazione bovina ed ovina sulla montagna veronese ed in particolare sulla catena del Monte Baldo.
Per chi non fosse della zona il Baldo è un massiccio che fa parte delle prealpi venete ed è caratterizzato da una notevole individualità geografica. È costituito da una dorsale parallela al lago di Garda che si allunga per 40 km, tra il lago ad ovest e la Vallagarina (Val d'Adige meridionale) ad est. A sud la dorsale è delimitata dalla piana di Caprino e a nord dalla valle di Loppio. Il monte Baldo raggiunge la sua altezza massima ai 2218 m di cima Valdritta, e la sua altezza minima ai 65 m sul lago di Garda.
La presenza dell'uomo in queste zone risale al paleolitico, fino a circa 2000m di altitudine.
La montagna era sfruttata fin dei tempi più remoti per la produzione di legname e per il pascolo e, eccettuate le aree più marginali ed impervie, fin dall’alto Medioevo era appannaggio dei feudatari della zona tra cui la famiglia veronese Dal Verme. Nel 1440 circa, in occasione di alcune scaramucce tra la Repubblica di Venezia ed i Visconti di Milano, la famiglia in questione venne tacciata di tradimento a favore dei Milanesi ed i loro beni gli furono confiscati. Fu così che vennero messe all’asta le varie proprietà terriere: i possedimenti di fondovalle, per mezzo della figura di tale Onibono de Zuane, vennero subito acquistati da privati mentre gli alpeggi andarono a far parte della già nutrita schiera degli usi civici e furono pertanto destinati alla pubblica utilità della Comunanza Caprini (Comunità di Caprino veronese). Durante i secoli successivi più di qualche malga fu tuttavia alienata a favore di privati ma possiamo comunque affermare che a tutt’oggi buona parte di esse rimane ancora di proprietà comunale.
Dall’epoca romana e medioevale fino al 1600, il Monte Baldo fu interessato soprattutto da una pastorizia ovina e caprina (pecore e capre). Migliaia di pecore e capre provenienti dalla pianura veronese e mantovana e anche dalla valle dell’Adige si aggiungevano in estate al consistente numero di ovini che stanziavano sulle pendici baldensi.
I pastori utilizzavano come rifugi dei semplici ricoveri a pianta quadrangolare, costruiti con muri a secco ricoperti di paglia, frasche o rami di pino mugo, oppure cavità sottoroccia. Resti di questi antichi insediamenti sono ancora visibili.
Si trattava comunque di un allevamento estensivo che interessava le aree al di sopra dei 1000 metri. L’allevamento bovino, invece, seppur presente nell’area baldense sin dal Medioevo, ebbe un notevole impulso a partire solo dal 1600, grazie al miglioramento tecnico e qualitativo dell'allevamento e quindi alla razionalizzazione dell’alpeggio operati dalla nobiltà locale “veneziana”. Il miglioramento è andato via via evolvendosi nel Settecento e nell’Ottocento a scapito però di quello ovino e caprino sempre più relegato a zone impervie ed elevate.
Nascono in questo contesto le tipiche malghe baldensi, dovute alla tradizionale maestria dei montanari guidata da esigenze pratiche e funzionali (la lavorazione del latte in situ), che hanno saputo trasformare ed adattare i precedenti ricoveri dei pastori di pecore situati fra i 1000 e i 1600 metri nelle costruzioni che sono arrivate praticamente indenni fino ai giorni nostri.
Elementi salienti della malga baldense sono:
il bàito: l’edificio principale che serviva per la lavorazione del latte e da dimora per i maghesi
la casàra: il deposito di stagionatura dei formaggi
il porcile: la porcilaia dove si allevavano i maiali con la scòta (siero) ed il latin (sottoprodotti della lavorazione del latte)
il marès: non c’è traduzione in italiano: era lo spazio solitamente antistante la costruzione principale ove si radunava il bestiame per la mungitura
la risèrva: un fitto boschetto artificiale di conifere circondato da muretti a secco che si stacca dall’orizzonte dei pascoli e funge da ricovero per il bestiame
la pozza: le pozza per l’abbeveramento del bestiame: era ricavata solitamente in una dolina il cui fondo era naturalmente impermeabilizzato dal continuo calpestio del bestiame che vi si abbeverava
l’orto: era solitamente un fazzoletto di terra circoscritto da muretti in sasso che serviva per variare la magra dieta dei malghesi
la giasàra (ghiacciaia): solitamente era una struttura provvisoria che si allestiva d’inverno in un anfratto naturale. Nelle giornate miti quando la neve diventava fradicia si riempiva l’anfratto con strati di neve calpestata alternando a strati di foglie e pula, in modo d’estate da avere a disposizione del ghiaccio per la produzione del burro. Una sorta di rudimentale frigorifero
Completano il quadretto chiaramente i pascoli ed il bosco (molto importante per fornire la legna per la trasformazione in formaggio) circondati da muretti a secco per delimitarne le pertinenze.

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Messaggio Da gian66 Lun Apr 27, 2015 7:06 pm

grazie!! luksenior .. un bel racconto che mi ha fatto venir voglia di andare visitare la zona Very Happy ...
se è possibile ... ci indichi quali di questi alpeggi sono ancora sfruttati e poi se ... è possibile farci una vista senza essere troppo invadenti.
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Messaggio Da luksenior Lun Apr 27, 2015 7:52 pm

grazie gian... gli alpeggi sono di pubblica proprietà per cui è possibile andarci sempre.... bene o male sono ancora tutti sfruttati dagli allevamenti della zona che nonostante tutto resistono "eroicamente"
Mi rendo conto che sono un po' noiso per cui vi voglio mettere qualche foto per capire meglio...
il baito (edificio principale) con davanti un piccolo marés
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la casara (deposito e stagionatura formaggi)
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il porcile
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la pozza
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la riserva (i boschetti di pini che riparavano il bestiame)
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"baito e casara che si guardano" sullo sfondo il lago di Garda
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muretti (ricostruiti) che circondavano un orto
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muretti di confine delle pertinenze della malga
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e per ultimo questi cumuli di sassi che vedete in primo piano detti in gergo "marognoni" (non esiste la traduzione in italiano) dovuti allo spietramento dei pascoli operato dai garzoni che accudivano il bestiame
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Messaggio Da Stihl 026 Lun Apr 27, 2015 8:41 pm

Annoiarci? Altro che Very Happy  ooookkkeeyyy   Ammiro in te la passione che hai verso la campagna e ti ringrazio che, con tanta pazienza, condividi con noi i paesaggi stupendi che caratterizzano la tua terra. Sono davvero bei posti ooookkkeeyyy
P.s. le foto sono fatte davvero bene... da cartolina
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Messaggio Da luksenior Lun Apr 27, 2015 11:09 pm

Focalizziamo ora l'attenzione sull'edificio principale il bàito che era poi il fulcro dell'attività di lavorazione del latte in malga... ma di questo ne parleremo più avanti.
All'apparenza sembra una casupla (misura mediamente 12,5 mt per 3,5 mt) semplice ma in realtà racchiude degli astuti accorgimenti frutto di anni ed anni di esperienze accumulate in un epoca nella quale per lavorare non si avevano a disposizione tutte le comodità di oggi come gas, luce elettrica, acqua corrente, impianti di condizionamento etc...
Innanzitutto era fondamentale la corretta localizzazione: poggi o dossi ben ventilati in modo che fosse presente un certo ricircolo d'aria
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Poi la struttura interna semplicissima e riconoscibile anche dall'esterno:
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2 stanze soltanto
A valle il "logo del late" caratterizzato dal lato corto in taluni casi semicircolare e da finestrature tagliate in orizzontale da lastre di marmo appena sbozzate che consentivano il ricircolo d'aria interno ma non l'ingresso diretto dei raggi solari. In questa stanza erano disposti dei tavolacci sui quali si collocavano le mastelle per l'affioramento della panna dal latte di mungitura della sera.
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A monte invece il "logo del fogo" alla cui peculiarità era un torreggiante camino semicircolare sufficientemente capace per accogliere una caldera di rame da 150-200litri. Alla sua base vi erano delle aperture quadrangolari che permettevano la corretta ventilazione del fuoco mentre sulla sua sommità le aperture di uscita dei fumi erano rivolte per lo più all'esterno e non verso il tetto per prevenire possibili incendidato che le coperture originali erano in canna e paglia mentre i coppi sono arrivati dopo la seconda metà dell'800.
In questa stanza inoltre vi erano i giacigli per dormire e si espletavano le varie incombenze della vita quotidiana
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se il pendio lo consentiva sotto il logo del late si ricavava una piccola stalla con soffitta a volta per il ricovero delle partorienti o dei capi malati.La stalla ufficiale dell'alpeggio rimaneva la "riserva" di pini
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Scommetto che ora che abbiamo fatto il giro dall'esterno volete dare una sbirciata dentro...
logo del late.... si vedono le imposte interne che opportunamente alzate o abbassate creavano la giusta ventilazione e i tavolacci per l'appoggio delle mastelle di cui parlavamo poco fa
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logo del fogo
oltre le invitanti caciotte in primo piano si scorge la bocca del grande focolare con il supporto girevole in legno della caldera volgarmente detto "mussa" (nel nostro dialetto musso=asino)
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Concludo per ora con questa foto abbastanza caratteristica presa un po' in quota ove si distiguono facilmente baito, casara e bestiame radunato sul marès...
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Messaggio Da Drago Mar Apr 28, 2015 12:24 am

Fa sempre piacere leggere la storia delle varie zone, anzi, se altri  hanno voglia di raccontare la storia della loro zona, farebbero cosa molto gradita ooookkkeeyyy
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Messaggio Da ferrari-tractor Mar Apr 28, 2015 5:57 am

grazie del racconto e del tempo che hai impiegato!
Hai fatto una cosa molto gradita
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Messaggio Da appennino ligure Mar Apr 28, 2015 9:14 am

Complimenti per il racconto e le foto. Sono davvero affascinato dalla cura, dalle attenzioni, e dal metodo di conduzione di queste malghe.

appennino ligure

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Messaggio Da luksenior Mar Apr 28, 2015 9:25 am

qualche altra foto di interni
[img][Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine][/img]
si notano il pavimento "lucido" dal calpestio e le vasche di affioramento in lamiera zincata piuttosto "recenti" rispetto alle tradizionali mastelle in legno.
La copertura è stata rifatta da poco rispettando però i canoni tradizionali
[img][Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine][/img]
L'apertura di collegamento tra i due locali interni
[img][Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine][/img]

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Messaggio Da riky86 Mar Apr 28, 2015 10:46 am

Stupendo!
Sicuramente un posto da visitare...
Grazie Mattia per aver condiviso con noi questo racconto! ooookkkeeyyy
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Messaggio Da luksenior Mar Apr 28, 2015 12:14 pm

Vi voglio mostrare ora un'altra struttura fondamentale nel processo di lavorazione che è la "casara" ovvero il deposito per la stagionatura dei formaggi. Non essendoci celle frigorifere ne altro a disposzione doveva essere costuita in un posto riparato in modo che la sua temperatura ed umidità interna fossero il più costante possibile.
Le più antiche nascevano staccate di qualche decina di metri dal baito, erette in muratura locale e parzialmente interrate.
[Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine]" />
Anch'esse di tipologia assai semplice ma ben congegnata.
Il deposito dei formaggi si trovava semi-interrato e protetto da una robusta muratura in sasso. Il locale aveva il soffitto fatto a volto ed il pavimento in terra battuta in modo che potesse "respirare".
Sopra la volta a botte del soffitto del deposito di conservazione non vi era la direttamente la copertura ma si trovava un altro locale usato come deposito per l'attrezzatura.
Perchè non fosse a diretto contatto con l'ambiente esterno sulla parte anteriore si poneva una sorta di porticato (riconoscibile dalla diversa altezza ed inclinazione del tetto)
Nel locale interrato generalmente non c'erano finestre ma al limite qualche piccolo foro di areazione quadrangolare sula parete di fondo...
Tutti questi accorgimenti permettevano di avere estate-inverno una temperatura costante attorno ai 10 gradi con U.R al 70% circa, caratteristiche essenziali per una buona stagionatura.
Interno di una vecchia casara in disuso.
[Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine]" />
Si vede il foro di areazione sul fondo (solitamente era un foro quadrato da 10X15-in questo caso una finestrella), un vecchio "spersor" (colatoio dove si metteva la cagliata a scolare dal siero) a terra al centro della sala  ormai fatiscente  e quel che resta a sinistra delle "scalere" le mensole sulle quali si stagionava il prodotto finito.

Vi mostro ora sui muri di una casera i segni del tempo e delle successive modifiche operate per riadattarne la struttura.
questa è la costruzione prima del restauro:
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focus sul muro perimetrale
[Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine]" />
si notano abbastanze chiaramente le finestrature tipiche del logo del late inizialmente presenti e poi murate in epoca successiva: molto probabilmente questo era l'antico baito di lavorazione con locale di affioramento sopra e deposito di formaggi sotto.
La stuttura è stata ristrutturata 5-6 anni fa ed oggi si presenta così
[Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine]" />[
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Ultima modifica di luksenior il Mar Apr 28, 2015 2:19 pm - modificato 2 volte.

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Messaggio Da gian66 Mar Apr 28, 2015 12:40 pm

non finirò mai di ringraziarti luksenior, veramente tutto molto interessante ooookkkeeyyy
spero che anche altri utenti del forum ... ci vorranno raccontare la storia delle malghe della loro zona Very Happy
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Messaggio Da luksenior Mar Apr 28, 2015 1:54 pm

Per ultimo il porcile, il fabbricato più semplice e comune nel suo genere... Un edifico rettangolare basso e lungo suddiviso in "cellette" che ospitavano i maiali allevati con gli scarti di lavorazione...
[img][Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine][/img]


Finora abbiamo visto strutture semplici ognuna con una funzionalità specifica. Succede però in taluni casi che i vari aspetti tipologici si trovino fusi in un' unico fabbricato.
Malga Cola Longa è un tipico esempio di fusione degli elementi nel senso che si parte a valle con il locale di affioramento, si prosegue poi verso monte con quello deputato alla lavorazione vera e propria (caratteriazzato dal camino turrito in posizone laterale e non "absidale" e si conclude alla sommità con la casara annessa direttamente alla costruzione.
[Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine]" />
sul lato opposto  il piccolo porcile, annesso anch'esso direttamente alla casara (alla faccia delle norme igieniche)
[Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine]" />

altri esempio di strutture "polifunzionali"
malga Zocchi
[Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine]" />
malga La Prà
[Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine][/img" />
malga Valdabin
[Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine]" />
concludo per ora con questa panoramica su malga Valdabin... vista lago
[Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine]" />

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Messaggio Da gian66 Mar Apr 28, 2015 3:38 pm

magnifico! bellissime foto Smile
forse lai detto e mi è sfuggito, ma .. la torretta in centro al caseggiato della maga a che uso serve?
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Messaggio Da luksenior Mar Apr 28, 2015 4:42 pm

X gian66...si tratta del camino per riscaldare il latte e fare il formaggio... nelle costruzioni più complesse ove casara e baito di lavorazione costituiscono un tutt'uno, esso non si trova più a monte dell'edificio (che è occupato in questo caso dalla casara) ma su un lato (generalmente quello nord... si vede anche nelle ultime foto che ho postato che è sempre dalla stessa parte). Posizionandolo su questo lato infatti si riescono a sfruttare al meglio le correnti d'aria che risalgono sui pendii e si agevolano pertanto in  il tiraggio del camino e l'allontanamento dei fumi (altro esempio di esperienza e sapienza.... nulla si lasciava la caso )
Una cosa molto importante, se ci pensate, e che non ho detto, è che tutti i baiti hanno la pianta con orientamento che segue la direttrice est-ovest e mai nord-sud.... sempre per avvantaggiarsi delle brezze che caratterizzano il luogo e che generalmente hanno direzione nord-sud.

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Messaggio Da gian66 Mar Apr 28, 2015 6:19 pm

luksenior ha scritto: .... tutti i baiti hanno la pianta con orientamento che segue la direttrice est-ovest e mai nord-sud.... sempre per avvantaggiarsi delle brezze che caratterizzano il luogo e che generalmente hanno direzione nord-sud.

quanto ci hai scritto è veramente molto interessante!!, adesso capisco alcune cose e prima non ci pensavo..
es. ho un vecchio portico (un tempo era adibito a fienile) che ha proprio quella esposizione.
per comodità ... potevano costruirlo diversamente ... ma in questo modo ... il fieno è più esposto alle correnti ... quindi secca molto meglio Very Happy
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Messaggio Da luksenior Mar Apr 28, 2015 10:00 pm

...per questo Gian mi hanno sempre affascinato gli "antichi"... tecnologie a disposizone scarse ma conoscenze per sfruttare al massimo i fattori a disposizione moltissime... come si dice in gergo... massima resa con minima spesa...

Questa sera volevo approfittarne per presentarvi una malga privata un po' sui generis nel senso che si tratta di un gruppetto di case che si trovano a circa 800 m.s.l.m e che nonostante fino alla seconda guerra mondiale fossero abitate stabilmente durante tutto l'arco dell'anno, venivano definite (e lo vengono tutt'ora) come malghe.
L'isolamento innanzitutto nonchè la mancanza di adeguate infrastrutture quali vie di comunicazione e allacciamenti alle reti idriche ed elettriche ne ha decretato il completo abbandono tanto che oggi gli edifici versano in uno stato di degrado immeritorio.
Inizio subito col descrivervi il corpo principale (che poi è quello più interessante sotto gli aspetti architettonici e funzionali) che noi in gergo chiamiamo La Fabbrica di Piore. Il termine Fabbrica con la F maiuscola nel nostro dialetto non sta certo ad indicare usi industriali della costruzione ma l'imponenza che la stessa assume a causa della sua mole "fuori dall'ordinario"
La facciata principale rivolta a sud: al centro la stalla (pian terreno) sovrastata dal fienile. Sul lato destro si intravede un edifico addossato che si inserisce piuttosto armonicamente nella facciata il quale presenta un portale in pietra lavorato: si tratta di una cappelletta oggi sconsacrata e dedicata s San Michele
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da notare lo stato di abbandono generale🇳🇴 No No No No

Entriamo nella chiesetta: l'altar maggiore scolpito in pietra ed alle spalle una cornice che conteneva una pala dedicata a San Michele
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Una peculiarità delle nostre costruzioni rurali di collina è che molto spesso venivano costuite semi interrate in modo che la stalla si trovasse al piano terra ed il fienile o i locali superiori fossero comodamente raggiungibili semplicemente aggirando l'edificio.

Il portale di accesso al fienile
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L'orribile tubazione che si vede in primo piano convogliava le acque piovane in una vasca di raccolta...
Sull'angolo nord ovest del fienile si può percepire come avessero creato i locali dedicati alla lavorazione del latte: si intravvedono infatti delle feritoie verticali indicanti la presenza del "logo del late" dove si faceva l'affioramento della panna.
Sul tetto si scorgono in mezzo ai coppi i ruderi di un moncone di canna fumaria


Entrando in questa zopna troviamo 2 cose molto interessanti
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questa è la leva di una zangola manuale che serviva per la produzione del burro: essa veniva mossa avanti ed indietro tramite i due bastoni che si vedono in primo piano (uno è rotto) ed alla "forcella" che si vede dietro era imperniato un palo verticale che per effetto del movimento saliva e scendeva in un recipiente di legno chiuso in modo che lo "sbattimento" della panna in esso contenuto portasse alla formazione del burro...  La presenza di questo leverismo in postazione fissa indica senz'altro che la zangola (che in dialetto chiamiamo bucc) aveva una certa importanza e che pertanto di burro se ne produceva parecchio

Sull'altro lato della stanza il camino....
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Ossrvate le due lastre in marmo della cappa... pesano almeno 100 kg l'una e ancora oggi sono tenute in posizione quelle travi incastrate ad angolo!! quel che si dice la maestria d'altri tempi...

Sul retro infine il logo del late con una vasca di affioramento abbandonata e le classiche feritoie che però in questo caso sono verticali e non orizzontali
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Un giretto nel fienile col tetto ormai inesistente...si nota chiaramente l'estradosso del soffitto a volta della stalla sottostante...in primo piano i ruderi di una vecchia falciatrice....
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le feritoie che si intravvedono in prossimità del colmo servivano per l'areazione del locale e per l'evacuazione di gas fermentativi (es metano che è più leggero dell'aria e tende a salire) che si sprigionano a volte in caso di fieno non completamente essiccato... e ancora una volta gli antichi lo spevano... senza aver studiato chimica o microbiologia

Passiamo ora ad un altro aspetto interessante: la stalla a volto
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quando l'ho vista sono rimasto incantato... semplicità e perfezione nelle linee... osservatene il profilo.... vi dico io che non cè un sasso fuori posto! muratura inoltre ancora sana nonostante 60 anni di abbandono...

Il "bocolar": erano le botole che permettevano di scaricare il fieno dal fienile soprastante per dar da magiare al bestiame. Se osservate sulla pietra si notano ancora le scalfiture fatte dai denti dei forconi intenti a spingere di sotto il foraggio....
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Concludiamo la perlustrazione del fabbricato notando che dietro la chiesetta l'edificio prosegue parallelo a stalla e fienile: si tratta della casa del proprietario.
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Salendo verso il fienile si trova  questo piccolo abbeveratoio scavato a mano nella roccia affiorante...
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mi piace immaginare che sia stato pazientemente realizzato da ragazzi durante le lunghe ore di accudienza del bestiame al pascolo...

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Messaggio Da gian66 Mer Apr 29, 2015 9:16 am

luksenior ha scritto:...per questo Gian mi hanno sempre affascinato gli "antichi"... tecnologie a disposizone scarse ma conoscenze per sfruttare al massimo i fattori a disposizione moltissime... come si dice in gergo... massima resa con minima spesa......

Concordo al 1000x1000 ooookkkeeyyy
è sempre stata una mia grande passione riscoprire il passato (usi e costumi, attrezzature, le costruzioni, ecc ..) e ... mi fa molto piacere scoprire che non sono l'unico e poi .. condividere con chi appezza  Very Happy
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Messaggio Da luksenior Mer Apr 29, 2015 9:38 am

questa è una zangola tradizionale portatile... presente in tutti gli alpeggi e in parecchie case... che fatica spingere su e giù il bastone nel recipiente per trasformare la panna in burro....

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immaginale la leva che abbiamo visto prima infulcrata sulla parte alta del bastone in mondo da agevolarne il movimento in verticale... chiaramente l'attrezzo era fisso e molto più grande....

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Per completare il tour virtuale in località Piore vi posto alcune foto dei fabbricati siti in prossimità della "Fabbrica"

innanzitutto una cisterna interrata per la raccolta delle acque piovane

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una sbirciata dentro...sarà profonda 5-6 mt

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la "Casa rossa" lato est

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la "Casa rossa" lato sud
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interno del logo del late
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il grande focolare
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le trabeazioni "affumicate" del tetto
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altra casara presente in zona di cui non ricordo il nome

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una panoramica della zona... giusto per comprendere la morfologia del luogo

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Malga Valmenon (purtroppo diroccata)

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panoramica sulla vallata sottostante...peccato per la foschia...

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Messaggio Da luksenior Dom Mag 10, 2015 8:10 pm

... rispolvero questo topic per raccontarvi passo passo come si svolgeva la vita in queste malghe...
innazitutto a seconda delle dimensioni delle distese erbose e della tipologia di pascolo (pingue, magro, cespugliato, pietroso etc...) si stabiliva la consistenza del bestiame che vi poteva essere moticato.
Il metro di riferimento era la cosiddetta "paga" e cioè la vacca o manza che alla data di S.Pietro (29 giugno) avesse compiuto i due ani di età. Poi vi erano: la "paga doppia" (ovvero gli equini), la"mezza paga" (ossia le manze che avevano età compresa tra 1 e 2 anni) e la "gamba" (1/4 di paga ossia ovini ed equini).  Equini e suini non rientravano nel computo.
Per sapere l'età della vacca, almeno qui da noi si osservava la dentatura ed in particolare si prendevano in cosiderazione 2 fasi specifiche del suo sviluppo. La cosiddetta "prima rota" (con la "o" chiusa) corrisponde alla perdita dei primi 2 denti centrali da latte e si ha a circa 20 mesi.La "seconda rota" coincide invece con la perdita di altri 2 denti e si ha a circa 3 anni.
A giorno d'oggi il termine paga nei documenti ufficiali è sostituito con l' acronimo UBA (unità bovina adulta).
Mediamente sulle nostre montagne si caricano dalle 30 alle 50 paghe per malga ma in alcuni casi (gli alpeggi più estesi) si arriva anche a 120 paghe.
La conduzione della malga che nella maggior parte dei casi era di proprietà comunale era regolata da precise normative (sia scritte che non) che si possono ricondurre sostanzialmente a queste due forme: affitto della montagna e affitto del bestiame.
Parliamo dell'affitto della montagna....
Al punto primo dei contratti di locazione (che normalmente durava 7 anni) vi era questa norma: "sarà data e ricevuta la montagna a corpo e non a misura, a comodo ed incomodo delle parti....". Ciò prevedeva oltre al pagamento del canone annuo la stesura di verbali di consegna e riconsegna degli alpeggi. Siccome infatti le malghe erano affittate meramente ad uso di pascolo chi le prendeva in locazione non aveav il diritto di sfruttarne o sottrare alcun prodotto.  Da ciò derivavano ad es. il divieto di sottrarre il legname o di destinarlo ad attività che non fossero direttamente connesse alla conduzione della malga, oppure il divieto di sfalciare i prati, di introdurre capre (le pecore erano limitate ad una ogni 10 paghe) e di asportare il letame. In tal modo i conduttori erano obbligati a mantenere l'integrità delle strutture e la fertilità dei prati: era infatti obbligatorio turnare le aree pascolate, effettuare lo spurgo delle pozze di abbeveramento, a mantenere intatti i confini, a conservare adeguatamente le strutture e ad eseguire tutti duei lavori quotidinai di ordinario miglioramneto (spietrare i pascoli, eliminare i cespugli infestanti, distribuire sui prati il letame raccolto sul marés).
L'assegnazione dei pascoli era una pratica piuttosto complessa.. ma ne parleremo la prossima volta...

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Messaggio Da luksenior Lun Mag 11, 2015 10:12 am

luksenior ha scritto:... Equini e suini non rientravano nel computo..
Scusate l'errore (anche piuttosto evidente...)
Equini "paga doppia"... non entravano nel computo bovini maschi e suini....

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Messaggio Da luksenior Lun Mag 11, 2015 7:09 pm

Come vi dicevo l'assegnazione delle malghe comunali era piuttoso complessa e prevedeva, tra l'altro l'allestimento di un asta pubblica.
Le operazioni iniziavano a dicembre dell'anno precedente mediante l'esposizione del cosiddetto "Avviso d'Asta" che riportava la data dell'incanto, le malghe oggetto d'affitto, il prezzo base d'asta nonchè il deposito cauzionale obbligatorio per poter patecipare (un decimo della quota di partenza). L'avviso d'asta era esposto nel municipio del comune cui appartenevano i pascoli, in quelli limitrofi e in qualcuno anche più lontano (si arrivava fino a Vicenza, Mantova, passando per i vari paesi della pianura Veronese e mantovana etc...).
L'asta vera e propria si faceva solitamente a marzo e la trattativa veniva condotta col sistema della cosiddetta "candela Vergine".Essa consisteva nell'accensione di una candela che rimaneva accesa finchè non si levasse una voce di offerta maggiore. l' asta aveva termine solo al totale spegnimento della candela vergine. Qualora per la durata di tre candele non vi fosse stata alcuna offerta, l'asta veniva considerata deserta. La malga a questo punto era aggiudicata soltanto provvisoriamente  nel senso che se entro 15 gg fosse pervenuta un'offerta superiore di almeno un decimo  dell'ultima offerta fatta si bandiva una seconda asta per l'assegnazione definitiva. Si capisce che questo sistema avvantaggiava di molto le casse comunali tanto che, rispetto alla base d'asta, il canoni di affitto subivano incrementi anche del 30-40%. Questo poi andava un po a discapito dei piccoli allevatori locali che non potevano permettersi grossi esborsi, a tutto vantaggio dei grandi allevatori della pianura veronese e mantovana (dotati di maggior capitale) che per monticare il  bestiame  a tarda primavera non di rado si accollavano anche 60-80 km di transumanza a piedi col bestiame per raggiungere gli alpeggi.
Spesso le aste si prolungavano parecchio (a riprova del fatto che i pascoli erano molto ambiti) tanto che il comune di Caprino V.se conserva agli atti iu documenti dello spegnimento di ben 41 candele per l'assegnazione di una malga. (Colonei di Pesina novennio 1906-1915)
Altre volte (poche), invece, capitava che l'asta andasse deserta e pertanto l'allevatore, all'asta successiva, si aggiudicava l'alpeggio a prezzi inferiori a quelli di partenza.
In linea di massima il contratto di affitto durava dai 7 a 9 anni e vi era la consuetudine che il fitto si pagasse in 2 rate: la prima scadeva il giorno di S. Pietro (29 giugno) e la seconda a S. Michele (29 settembre) tanto è vero che è rimasto il detto popolare "de San Michel se paga i pascoli...." il 29 settembre rimane poi una data significativa poichè segna il termine stagionale del periodo monticatorio ed il ritorno alla stalla per l'inverno.
Tale sistema è rimasto immutato per secoli fino alla I guerra mondiale. Negli anni 20 comparvero le aste con offerte "a busta chiusa"  e contratti di breve durata (max 5 anni) mentre ora le trattative si fanno privatamente tra Comune e allevatori (oggigiorno i pasoli non sono piùcosì ambiti...)

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Messaggio Da luksenior Mar Mag 12, 2015 7:22 pm

In molti casi capitava che l'allevatore non avesse sufficiente bestiame per sfruttare appieno le potenzialità l'alpeggio per cui si prendeva in carico anche bestie di terzi che in gergo noi chiamiamo "fitavole"-
A questo punto i casi erano 2: se la contrattazione aveva come oggetto il bestiame il malgaro riceveva un compenso per accudirlo mentre se la trattativa verteva sulla produzione (nel caso delle lattifere) accadeva il contrario. La stima produttiva solitamente si faceva a S. Anna (22 luglio) valutando, alla presenza del proprietario il corrispettivo in burro della produzione lattifera della vacca. Poi il compenso versato al proprietario (a S. Michele) poteva essere sia in denaro che in burro e formaggi.
La monticazione (o come si dice ancora oggi "cargar montagna" ) iniziava a partire dalla metà di maggio ed ogni malga aveva la sua data di inizio specifica. Per quanto riguarda il termine invece era fissato per tutti a S. Michele (29 settembre). In occasione del carico dell'apeggio e del suo abbandono a fine stagione il messo comunale saliva con gli allevatori per redigere il "verbale di consegna" ed il "verbale di riconsegna" della malg. Venivano annotati lo stato generale dei pascoli, delle pozze, delle strutture (porte, finestre, copertura) e di tutti quei suppellettili presenti in malga e necessari alla lavorazione del latte (tavolacci in legno, mastelle, saladori, colatoi ecc).I danni e le inadempienze erano pesantemente sanzionati.
Ecco quindi che è ora di partire per la montagna..Il bestiame viene fatto uscire dalle stalle e fatto pascolare all'aperto qualche giorno prima di partire per la transumanza. Le vacche più vecchie, col campanaccio al collo risalgono le antiche vie pastorali denominate ancora oggi "via dele vache" che conducono agli alpeggi.... 100 e più giorni di silenzio e di lavoro aspettavano i malgari, scanditi da consuetudini ormai consolidate nel tempo ed i compiti venivano ripartiti tra il personale addetto....
Il "vacar" provvedeva a mungere e a pascolare il bestiame
il "casar" che era il capo-malga era l'addetto alla preparazione dei formaggi e, all'occorrenza, impegnato anch'esso nella mungitura.
lo"scoton" mungeva, provvedeva alla legna per il fuoco e accudiva i maiali
il "bocia" era il garzone, il più giovane di età che a seconda delle necessità aiutava gli altri nelle loro mansioni.
In una malga di dimensioni generose (100-120 paghe) mediamente vi erano un casaro, 3-4 vaccari, 2 scotoni e un bocia.
Il casaro chiaramente era la figura più importante perchè dalla sua abilità dipendeva tutto il lavoro. Non c'erano scuole ma si iniziava a far pratica partendo dalla figura del gradino più basso nella scala, il "bocia". Non vi erano precise cognizioni scientifiche alla base del suo lavoro ma solo lunga esperienza ed affiancamento a casari già esperti.

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Messaggio Da luksenior Mer Mag 13, 2015 7:25 pm

La giornata in malga iniziava alle 4 del mattino.. I "vacari" mediante l'aiuto di cani da pastore richiamavano la mandria sul marés antistante il baito per la mungitura.
Non occorre sottolineare che essa era eseguita manualmente servendosi del cosiddetto "scagnel da monzer", uno sgabello con una gamba sola centrale che si legava in vita in modo da trascinarselo appresso ogni qualvolta si cambiava mucca.A seconda dell'entità del bestiame e degli operatori comunque la mungitura manuale non richiedeva meno di 4-5 ore. I secchi per la raccolta del latte erano in legno (solo negli ultimi tempi sono stati introdotto quelli in metallo) ed avevano il bordo più stretto del fondo. Al loro interno si metteva un caile in legno (la "copa") in modo che durante gli spostamenti si smorzasse l'onda e non vi fossero sversamenti.
Terminata la mungitura i vaccari si dirigevano sui pascoli ed entrava in scena il casaro affiancato da "scoton" e "bocia". Esso iniziava scremando con la "copa" il latte munto la sera precedente e lasciato depositare nelle mastelle (logo del latte, areato...) termianta la scrematura, la panna veniva messa da parte per fare il burro. Il latte appena munto invece veniva filtrato mediante un colino di legno (il còl) chenon era altro che un recipiente coi bordi superiori ripiegati all'interno ed un foro sul fondo all'internodel quale si metteva un erba specifica con azione "filtrante".
Terminata scrematuara e filtrazione il latte veniva unito nella caldera di rame sorretta dalla "mussa" (il braccio girevole del camino) e qui iniziava la "còta" e cioè la lavorazione vera  e propria.
Allorchè si raggiungevano i 33 gradi circa (i casari, nell'epoca in cui non c'erano i termometri lo sentivano immergendo la punta del gomito nel latte) si aggiungeva il caij (caglio estratto dallo stomaco degli agnelli) e a coagulazione avvenuta si rompeva la cagliata col "tris" (strumento assai rudimentale ricavato da un ramo scotecciato che portava rametti di piccole dimensioni lunghi una ventina di cm).
A deposito della cagliata avvenuto la si raccolgieva con una "mastela" o con lo "s-ciavin" (il telo di juta apposito) e siponeva la massa in appositi stampoi di legno (le "fasare"). Il tutto veniva posto a scolare sullo "spersor" un tavolaccio di legno inclinato coi bordi rialzati che serviva a favorire l'allontanamento del siero. per ottimizzare lo sgrondo sulla pezza di formaggio neoformata si metevano delle assicelle ed un masso (che facesse peso)...
Il giorno successivo quando la cosa maturava già una certa consistenza ci si spostava nella casara.  Si toglieva la "fasara" e poneva il formaggio sui saladori, un tavolaccio sul quale avveniva la saltura superficiale. Fatto ciò si impilavano le forme su appositi "scaffali" le "scalere" per la stagionatura. Di tanto in tanto esse venivano rivoltate e controllate: se si formavano muffe superficili si toglievano raschiando la crosta con una vecchia lama da falce fienaia adattata all'uopo.
La panna invece derivata dalla scrematura del latte della sera precedente veniva introdotta in una zangola manuale detta "bucc" di cui ho postato la foto qualche post fa... sbattuta energicamente e addizionata col ghiaccio ricavato dalla "giassara" condensava per dare il burro che veniva sistemato negli appositi stampi di legno i "panoni".
Tanto per dare un'idea mio nonno mi diceva che da 100 Kg di latte si ricavavano quasi 3 kg di burro ma si cecava di trarne sempre il più possibile in virtù del fatto che all'epoca il suo valore commerciale era di gran lunga superiore a a quello del formaggio (contrariamente a quanto accade oggi)....come ho detto ieri sera il compenso delle fitavole spesso si pagava in burro....
Il "latin" (ciò che rimaneva nella zangola dopo la produzione del burro) si poteva bere tal quale (poco però perchè è un potente lassativo) ma solitamente veniva mescolato al siero che rimaneva in caldera e scaldato a 80 gradi. Addizionato poi della cosiddetta "agra" (siero irrancidito) andava a precipitare la ricotta (chiamata in dialetto "poìna"). Tolta anche la ricotta, il liquido che rimaneva era classificato come "breon" e dato ai maial che venivano ingrassati in malga e poi venduti alla fiera di S. Bartolomeo a Pazzon (23 agosto).
Per ultimo il siero che rimaneva in caldera dopo aver levato la cagliata, veniva

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